Linee Aeree Italiane era il nome della più importante linea aerea del dopoguerra: una compagnia che, grazie agli influenti appoggi degli Stati Uniti e a una dirigenza moderna e disinvolta, per molti anni mise in ombra Alitalia. Il nuovo libro di Antonio Bordoni, esperto del settore e autore di diversi libri e monografie, prende lo spunto proprio dalla storia della LAI – che finora era stata curiosamente e colpevolmente ignorata dalle pubblicazioni di aviazione – trattandone gli eventi principali in maniera ampia e approfondita. Tutta la prima parte del libro (una novantina di pagine circa) è dedicata ai successi e alle disgrazie della LAI, che in un decennio passò dagli altari alla polvere, ovvero all’incorporazione in Alitalia: un evento che nessuno avrebbe potuto prevedere a metà degli anni ’50, quando la LAI sembrava essere destinata a un luminoso futuro. Le vicende storiche sono esposte in modo chiaro ed esauriente, sebbene si noti una certa tendenza dell’autore a esaltare le capacità della LAI sulla concorrenza senza dare forse il giusto peso al fatto che gli Stati Uniti avevano fornito alla compagnia gli aerei più moderni, concedendole in esclusiva le rotte più remunerative verso il Nordamerica, per non parlare poi degli importanti appoggi governativi. Insomma, la LAI ha avuto successo non solo perché è stata un’ottima compagnia aerea, ma anche perché aveva in mano tutte le carte vincenti.
Nell’illustrare lo sviluppo dell’aviazione civile in Italia nel dopoguerra, Bordoni effettua un continuo confronto parallelo con le vicende in Germania e Giappone: una comparazione che prende spunto dalle peripezie degli ex alleati del tempo di guerra, ma che poi alla lunga diminuisce di importanza e tende a non essere più così attinente con le vicende nostrane. Nel 1957, dopo una serie di terribili incidenti aerei – sulle cui responsabilità l’autore sembra glissare – LAI è costretta ad accettare una fusione con Alitalia e da quell’anno in avanti la sua presenza sarà ricordata (oltre che dal personale che continuerà a lavorare nella nuova compagnia) solo per la piccola aggiunta “Linee Aeree Italiane” alla denominazione societaria ufficiale.
Dagli anni ’60 in avanti l’autore tratta il periodo d’oro di Alitalia, affrontando in alcuni capitoli argomenti importanti e praticamente inediti, come lo sviluppo del sistema computerizzato ARCO per le prenotazioni o l’impiego dei primi aerei cargo. Negli ’70 inizia invece una lunga parabola discendente e Bordoni sposa in pieno la teoria secondo la quale la crisi di Alitalia è dovuta a due fattori: l’ingerenza della politica e le pretese economiche eccessive del personale, soprattutto navigante. Le precedenti generazioni di dirigenti – personaggi come Carandini e Velani – erano tendenzialmente impermeabili alle indicazioni che il mondo politico cercava di imporre: basti pensare alla querelle per la scelta del DC-9, a cui l’autore dedica solo poche righe. In più all’epoca il personale era molto motivato ed equamente retribuito. Ma dopo il ’68 tutto cambia: iniziano gli scioperi che la stampa definirà organizzati da aquila selvaggia e Bordoni propende nel dare una visione piuttosto agiografica di Umberto Nordio: uno dei dirigenti del nuovo corso di Alitalia che poco aveva da spartire con i metodi, la visione e l’atteggiamento dei suoi predecessori al timone della compagnia. Amato da politici e capitani d’industria, odiatissimo da buona parte del personale Alitalia, Umberto Nordio proseguirà indisturbato nel suo cammino, e in questo Bordoni forse resta abbagliato come altri autori prima di lui (Giuseppe D’Avanzo tra tutti), dimenticando ad esempio di considerare la disastrosa gestione degli acquisti e vendite di aerei come il Boeing 727 e il McDonnell-Douglas DC-10 o la tendenza a scaricare sul personale la responsabilità di tutti i mali di Alitalia.
Il libro prosegue con rilevanti approfondimenti sull’utilizzo della rotta polare e l’impiego del DC-8/62, analizza la crisi petrolifera e la deregulation e si conclude con una dozzina di pagine che riassumono brevemente le molte vicende attraverso le quali è passata Alitalia nella cosiddetta epoca post-Nordio, così come la definisce l’autore.
In definitiva, si tratta di un libro che sicuramente intrigherà più di un appassionato di aviazione: molti sono gli argomenti praticamente inediti trattati dall’autore e le sue opinioni riguardo i rapporti tra dirigenza e personale sono destinati a suscitare più di una discussione. Assolutamente encomiabile, poi, è l’intento di dare finalmente alla LAI il giusto riconoscimento nella storia dell’aviazione civile italiana. I limiti del libro sono un utilizzo probabilmente eccessivo di citazioni – va detto tutte ottimamente corredate di relative note bibliografiche – nel fidarsi ciecamente di fonti terze di parziale attendibilità (tra tutti citiamo il perdurare dell’errore che vorrebbe il DC-8 I-DIWD come un aereo senza nome di battesimo, fatto smentito da chi scrive sin dal 2013) e probabilmente la mancanza di una maggiore unità strutturale (molte, forse troppe le parole dedicate a Lufthansa e JAL) che di fatto riduce l’efficacia della trattazione.
In ogni caso, un volume da non perdere per chi desidera conoscere molti lati inediti sulle origini dell’aviazione civile italiana nel dopoguerra: un’altra bella freccia nella faretra dell’editore LoGisma.
Diego Meozzi
LAI e Alitalia negli anni d’oro dell’aviazione civile italiana
Antonio Bordoni
214 p., ill., 17×24
LoGisma Editore
http://www.logisma.it/aeronautica2.htm
€ 16,50
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!