Nella storia di Alitalia si sono verificati svariati dirottamenti, la cui conclusione fortunatamente è stata quasi sempre incruenta, grazie all’ineccepibile comportamento dei membri dell’equipaggio. L’evento descritto in questa pagina forse non è tra i più celebri, ma è senza dubbio emblematico di quegli anni in cui non era impossibile fare un’irruzione armata in cabina di pilotaggio
Sabato 25 settembre 1982. All’aeroporto di Algeri Houari Boumédiène – precedentemente noto come Alger-Dar El Beïda e che solo due anni prima era stato rinominato in onore del capo di stato algerino – il volo Alitalia 871 è in attesa di imbarcare i passeggeri che avrebbe dovuto trasportare a Roma. A bordo il comandante Leonardo Sinisi, il primo ufficiale Ezio Bertolini e il motorista Donato Longo sono occupati nei controlli pre-volo, mentre gli assistenti di volo Monica Dreyer, Anna Sbarra, Marina Criscuoli, Laura Borsari e Vittorio Collini controllano che tutto sia pronto per accogliere i 101 passeggeri previsti: la metà arabi, i restanti in gran parte operai e tecnici italiani che lavorano in Algeria.
L’imbarco avviene senza alcun intoppo e l’unica curiosità è l’ingresso a bordo di un passeggero accompagnato da alcuni funzionari della polizia locale. Il Boeing 727-243 “Città di Urbino” con marche I-DIRG inizia il rullaggio, si allinea sulla testata di una delle due piste da 3500 metri dello scalo algerino e alle 17:25 ora italiana intraprende la corsa di decollo, staccando poco dopo le ruote da terra.
L’atterraggio a Fiumicino è previsto alle 19:30, ma quando l’aereo si trova sulla verticale dell’isola tunisina di Djerba, nella cabina di pilotaggio fa irruzione un uomo che apre la porta del cockpit con una spallata e minaccia con un coltello il tecnico di volo Longo. Si tratta di Igor Shkuro, ex cittadino sovietico di fede ebraica di 32 anni che con un inglese approssimativo comunica all’equipaggio di volere dirottare l’aereo.
«Dieci minuti dopo il decollo ho sentito spalancarsi con violenza la porta della cabina e ne è entrato un uomo magro, col volto emaciato e gli occhi sbarrati. Impugnava un grosso coltello che ha puntato alla pancia del tecnico di volo, premendo minaccioso, e in inglese ha ordinato: “Questo è un dirottamento, dovete portarmi a Tripoli”. Ci siamo, mi sono detto, raccomandando anche agli altri di star calmi», racconterà a La Stampa il comandante Sinisi. Non appena possibile l’equipaggio inserisce nel transponder il codice 7500, noto come segnale convenzionale per comunicare a tutte le stazioni riceventi che sull’aereo è in corso un atto illegale – in quegli anni quasi sempre sinonimo di un dirottamento.
Shkuro è un ex marittimo che nel 1977 aveva lasciato la natìa Leningrado, azione che gli aveva causato il ritiro del passaporto e la privazione della nazionalità da parte delle autorità sovietiche. Trascorre del tempo in un campo profughi a Vienna e successivamente a Roma e a Ostia, poi la questura romana gli concede un titolo di viaggio per l’Australia. Arriva a Sydney e si trasferisce poi a Canberra, ma la sua esistenza resta sempre ai margini; ottiene un passaporto australiano, ma viene espulso dal Paese dopo aver trascorso un periodo in carcere, esprimendo profondo dissenso nei confronti del mondo capitalista. Torna quindi per qualche giorno a Roma, proveniente da Bombay, e decide di recarsi ad Algeri sicuro di ottenere un visto che gli consenta di tornare nella sua Leningrado. La polizia di frontiera algerina però gli nega questa possibilità e alle sue rimostranze decide di espellerlo dal Paese come deportee – ovvero persona indesiderabile con foglio di via – costringendolo a reimbarcarsi su un volo che lo riporti in Italia.
Incredibilmente, le autorità locali non lo perquisiscono e così Shkuro può salire a bordo del 727 Alitalia con un coltello e svariati passaporti. Evidentemente esasperato per la situazione, il marinaio sovietico perde la testa e decide di ricorrere alla violenza per ottenere ciò che desidera. «Fin dall’inizio si è comportato come uno squilibrato o un ubriaco. Ha chiesto ripetutamente da bere, ha gridato, poi improvvisamente si è alzato. Gli ho visto in mano un coltello lungo una ventina di centimetri quando si è diretto verso la cabina dei piloti», dichiarerà al Corriere della Sera Lido Lanconella, passeggero del volo AZ871.
In quegli anni i dirottamenti sono molto frequenti e nessuna nazione è disposta a prendersi la briga di sottostare ai ricatti e all’instabilità di personaggi quasi sempre squilibrati o in ogni caso poco raccomandabili. Di conseguenza, il comandante invia senza esitare la richiesta di atterraggio di emergenza all’aeroporto di Tripoli e inizia la virata per immettersi nell’aerovia Ambra 26 in direzione della capitale libica. Tuttavia la risposta dello scalo non ammette repliche: l’atterraggio di emergenza viene negato e per evitare “colpi di mano” da parte dell’equipaggio, viene addirittura approntata una barriera di camion e autobotti disposta trasversalmente sulla pista.
Il dirottatore vieta ai tre componenti dell’equipaggio di condotta di comunicare con quello di cabina e impone di parlare esclusivamente in inglese, limitandosi alle sole comunicazioni tecniche. Vistosi negare l’atterraggio in Libia, il comandante Sinisi punta la prua del 727 verso l’aerovia Ambra 18, considerando come alternativa per l’atterraggio lo scalo di Luqa, a Malta. Informate dall’equipaggio del “Città di Urbino”, le autorità maltesi seguono l’esempio di quelle libiche, negando a loro volta l’autorizzazione all’atterraggio.
La situazione a bordo rischia di diventare ancora più tesa e per evitare che il dirottatore perda il controllo, l’equipaggio propone comunque un rientro in Italia. Tuttavia il trireattore ha già consumato un bel po’ di carburante: il comandante informa Shkuro che non si può arrivare fino a Fiumicino, per cui l’opzione più sicura è quella di atterrare a Catania Fontanarossa. Nelle sue comunicazioni con il centro di Roma controllo, l’equipaggio del volo AZ871 è telegrafico, segno che l’attenzione è totalmente rivolta al volo e alle imposizioni del dirottatore presente in cabina.
Dopo aver percorso l’aerovia Delta Whisky 35 che segue il corridoio che da Malta conduce alla Sicilia, alle 20:27 il Boeing 727 atterra finalmente sulla pista dell’aeroporto di Catania. L’aereo viene fatto rullare fino a una zona isolata dello scalo, dov’è immediatamente circondato da agenti della polizia, carabinieri e tiratori scelti e ha inizio la trattativa con il dirottatore.
Mezz’ora dopo l’atterraggio, e senza ulteriori sollecitazioni esterne, Shkuro acconsente di sbarcare tutti i 101 passeggeri e i 5 assistenti di volo, restando asserragliato nella cabina di pilotaggio con i tre componenti dell’equipaggio di condotta. Dopo un po’, la tensione a bordo si allenta e il tecnico di volo Longo assieme al pilota Bertolini colgono di sorpresa il dirottatore, disarmandolo e gettando il coltello fuori dalla cabina. «Dopo quattro ore di tensione il dirottatore ha avuto il primo momento di distrazione e ne ho approfittato subito anche perché, a mio parere, non vi era altro modo per sbloccare la situazione. Improvvisamente gli ho afferrato il polso torcendogli il braccio e costringendolo a lasciare il coltello che poco dopo cadeva a terra. Subito dopo ho aperto la porta della cabina, che Shkuro aveva chiuso ermeticamente, spingendo col piede l’arma al di là della soglia dove immaginavo che fossero carabinieri e agenti di polizia in attesa di poter intervenire. Difatti il pirata è stato subito immobilizzato e portato via», racconterà a La Stampa il tecnico di volo Longo.
Processato per direttissima, Igor Shkuro non viene tuttavia condannato e il 10 novembre 1982 è trasferito al manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, anche per il comportamento tenuto in carcere, che indicava possibili turbe mentali. Secondo i medici sarebbe affetto da manìa di persecuzione. Da allora si perderanno le tracce della sorte del dirottatore, mentre i componenti dell’equipaggio – dalla condotta esemplare – proseguiranno brillantemente la propria carriera in Alitalia.
Diego Meozzi
Se siete affascinati dai racconti che descrivono dirottamenti aerei, bombe e omicidi a bordo, il comandante Adalberto Pellegrino nel suo libro Hijacking! – Terrorismo ad alta quota descrive con terrificante precisione il possibile verificarsi di attentati e azioni violente ai danni di velivoli di linea. Tre racconti lunghi in cui la fantasia si mescola con la realtà e che offrono una lettura adrenalinica che vi porterà a bordo di aerei che preferireste non prendere mai. Il libro è in vendita in versione cartacea a € 17,50 e in ebook a €9,99 presso la nostra piccola casa editrice Cartabianca Publishing. Dateci una mano a “far volare” la nostra collana di aviazione!
Boeing 727-243 Advanced I-DIRG
Consegna: 1 febbraio 1979
Dismissione: 17 luglio 1984
Servizio in Alitalia: 5 anni, 5 mesi, 16 giorni
Numero di costruzione / progressivo: 21663 / 1438
Immatricolazione RAN: 6943
Certificato di navigabilità: 10133
Motori: 3 x Pratt & Whitney JT8D-9A
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!