Pubblichiamo su questo sito il testo di Giorgio Bonsi, direttore della rivista “L’Ala”, che nel 1948 effettuò come passeggero un volo su un SIAI-Marchetti SM-95 dell’Alitalia, descrivendone l’esperienza sulle pagine della rivista. Si tratta di una descrizione forse un po’ ingenua e idilliaca, ma è comunque una valida testimonianza dell’organizzazione e dell’atmosfera che si respirava a bordo di un volo dell’epoca.
Non pretendiamo di dire niente di nuovo, quando parliamo di «come» si viaggia in aeroplano, perchè la faccenda e ormai vecchiotta e tutti, più o meno, dovrebbero avere una esperienza in tal senso.
Però forse non sono in numero eccessivo coloro che hanno provato ad usare l’aereo nei viaggi internazionali, in quelle linee cioè, privilegiate che godono delle maggiori attenzioni da parte delle Compagnie: può essere allora motivo di interesse leggere la cronachetta di un volo da Roma a Londra con l’Alitalla, tanto più che si parla di una delle Compagnie italiane, di quelle, cioè, verso cui è maggiormente indirizzata la nostra simpatia.
All’Agenzia facciamo la prima conoscenza del nostri compagni di viaggio; sono molto eterogenei: sopratutto americani che prenderanno la coincidenza a Londra e inglesi che ritornano a casa. La nota di colore è rappresentata da tre facilmente identificabili profughi ebrei carichi di fagotti e sciarpe, sulle cui strascicanti e bisunte palandrane è affisso il cartellino di una organizzazione internazionale; le loro lunghe ed incolte barbe tradiscono il recentissimo trasferimento da qualche superstite ghetto dell’Europa centro-orientale. I due sessi sono discretamente in proporzione: quello femminile ha delle ottime esponenti; una specialmente, ci ha fatto completamente errare sulle previsioni di pulcritudine delle donne Inglesi.
All’Agenzia, infine, si comincia già ad avere l’impressione di quella che sarà una delle maggiori preoccupazioni della Compagnia durante il viaggio : servirti in ogni cosa e prevenire ogni tuo desiderio (l’altra preoccupazione — come dopo vedremo — sarà quella di toglierti ogni minimo stimolo alla fame). Controllo e peso bagagli, poi il pullman ci trascina velocemente sulla Appia ed a Ciampino troviamo uno stuolo di persone più o meno ingallonate che non desiderano altro che assistere le nostre umili persone (umili, sì, ma in queste contingenze, circondati da tante attenzioni, ci si sente importantissimi e quasi per forza si gonfia il petto e si alza la cresta!) le nostre umili persone, dicevamo, che devono compiere la normale e meticolosa prassi del passaggio di frontiera: verifica biglietti, controllo e visto passaporti, verifica di dogana: faccende queste che, pur semplici e sbrigative in se stesse, occupano,
moltiplicate per il numero di passeggeri, un discreto numero di minuti. Intanto, mentre gli altri passeggeri attendono il loro turno e sfruttano il bar, noi ce ne andiamo a prendere contatto con chi ci dovrà portare per aria.
Troviamo il Comandante Torelli indaffarato fra bollettini e carte; naturalmente gli chiediamo che ci spieghi qualcosa sul viaggio che stiamo per compiere, ed allora, grazie alla sua cortesia veniamo a sapei un sacco di cose interessanti.
Prima di partire, il Comandante prepara su uno speciale stampato internazionale il piano di volo, cioè,
praticamente, denuncia quello che ha
intenzione di fare dalla partenza all’arrivo; questo piano — ove, ad
esempio sono riportate tutte le indicazioni in merito alla rotta, la
velocità, la quota, l’equipaggio, ecc.
— verrà trasmesso da Ciampino a
tutti gli aeroporti delle zone su cui
il nostro apparecchio passerà: in tal modo il nostro viaggio riposerà tra
le cure di tutti i centri di assistenza, i
quali seguiranno momento per momento la nostra situazione
li programma di volo del Comandante è tracciato, naturalmente, in base allo studio accurato delle condizioni meteorologiche e generali, esplicate essenzialmente su un piano schematico che indicala completa situazione meteorologica in ogni punto dalla rotta. Si tratta di un foglio millimetrato ove, sulla ascissa è riportata la rotta e sulle ordinate (in metri e piedi) l’altimetria della conformazione terrestre sulla rota stessa, nonché le formazioni di nubi, le indicazioni sui fenomeni atmosferici e la linea della isoterma 0° (la linea al di sopra della quale, cioè, c’è pericolo di formazioni di ghiaccio); infine, sotto, sono indicati: il tipo delle nubi e loro caratteristiche, la visibilità, la pressione (ridotta al livello del mare), la velocità e direzione del vento insieme alla temperatura.
Come si comprende, su questo foglio si ha la possibilità di conoscere tutto quello che incontreremo stilla rotta: vediamo il profilo delle montagne, lo schieramento in altezza e profondità delle nubi e, cosa importantissima, vediamo a quale altezza la linea dello 0° termico ci consiglia di rimanere. Nel nostro caso controlliamo facilmente quello che sta succedendo a Roma ed osserviamo come saranno le condizioni a Istres, Lione, Parigi e Londra — quando ci arriveremo.
La nostra rotta sarà infatti questa, a meno che le condizioni meteorologiche siano perfette, e sembrano tali, nel quul caso punteremo su Nizza invece che su Istres.
Fino a Parigi viaggeremo a 2600 metri, quindi scenderemo a 2000 fino alla costa inglese; da lì andremo sul radiofaro, ad est di Londra ed incroceremo sulla zona fino a che non ci avranno comunicate le disposizioni per l’atterraggio a Northolt e l’eventuale ordine di successione ad altri apparecchi, nonché la rotta-quota di avvicinamento e sosta.
Saremo assistiti in volo strumentale con il sistema IFR, e conosciamo già tutte le previsioni per l’atterraggio, tutte le condizioni, cioè, nella zona di Northolt. Questo bagaglio di cognizioni preventive è infine completato dalla disponibilità per il pilota di tutti i dati relativi agli aeroporti che potrebbero essere utilizzati lungo la rotta.
Nel frattempo, il nostro SM-95 «I-DALJ» è affidato alle cure del personale a terra che, ancora, verifica gli innumerevoli delicatissimi organi della macchina per assicurarne la perfetta efficienza: vediamo anche Bravin, il barman di bordo (già, a un uomo l’Alitalia affida l’assistenza dei suoi passeggeri, non alla tradizionale hostess) sta impacchettando le provviste e sistemando l’equipaggiamento interno, coperte, poltrone ecc. Ora tutto è pronto, aeroplano, equi-paggio e passeggeri. Schieramento del personale: signori, a bordo, il «Cristoforo Colombo» è a vostra disposizione!
Sono Le 9,30 precise: i 4000 cavalli si mettono in moto, il «95» rulla sulla pista, una sosta, via! La striscia metallica, i campi, i ruderi romani, sfilano e si abbassano sotto di noi. Roma è là, a destra, distesa al sole; le sue cupole, in lontananza, sembrano darci l’ultimo addio. Ora possiamo sganciare la cintura di sicurezza ed osservare con calma l’apparato di assistenza che entra in funzione. Giornali e riviste italiane ed estere insieme alla scatoletta di chewing-gums sono per primi distribuiti: i passeggeri aggiustano le proprie poltrone ed ognuno si sprofonda nel fatti suoi, chi a leggere, chi a dormicchiare, chi a masticare.
Ma Bravin è all’opera: eccolo con il vassoio della colazione, primo segno delle preoccupazioni verso lo stomaco dei passeggeri. Caffellatte o caffè nero, a volontà, con abbondante e distinto contorno mangereccio. Si comincia dal fondo e poi, via via, tutti sono serviti. (Mi dicono, fra l’altro, che l’Alitalia è l’unica Compagnia Italiana che offra anche la colazione). Incontriamo l’azzurro incantevole del mare un po’ a destra di Civitavecchia: un trenino — tutto è piccolo da quassù — per noi fermo, multicolori villette sparse sulla striscia costiera, microscopiche barchette: sono gli ultimi segni della terra ferma. Poi, solo il Tirreno.
La prua aguzza dell’I-DALJ punta fra Orbetello e Giannutri, indi passa esattamente sopra il Giglio. Là, a sinistra, vediamo l’isola del Conte: Montecristo intaglia nettamente la sua costa nel brillante smeraldo del mare; sopra, una nuvoletta candida sembra proteggere lei e la leggenda. Poi ancora Pianosa, minuscolo guscio su tanto liquido e, sull’altro lato, la mole imponente dell’Elba, con le sue alte vette e l’eterno fumo delle sue ciminiere. Laggiù in fondo, è Piombino, che dalla propaggine della costa fa la sentinella al suo canale: due bianche vele vanno a mettersi nel suo seno.
Ma il Capo Corso s’intaglia ormai nettamente davanti a noi: lo spacchiamo e lasciamo le rudi e selvagge catene di Corsica: andiamo sul Mare Ligure, verso la Costa Azzurra.
Ma stacchiamo un po’ il naso dall’oblò e guardiamoci attorno.
Il Comandante ha già trasmesso il primo bollettino di viaggio che ora i passeggeri si passano dall’uno all’altro: tutto bene, filiamo alla media di 300 orari. Bravin ci fa qualche confidenza: ci dice che lui sugli aeroplani si sente benone e non c’è nemmeno la più lontana ipotesi che, in caso di ballo, i suoi vassoi siano in pericolo: «Ci faccio anche il boogie-woogie con i vassoi in mano» ci dice, e noi gli crediamo. È vissuto a Londra, in Spagna, in Francia, in Germania e da soli cinque mesi è all’Alitalia: mai, prima, era andato in aeroplano.
Anche il radio-telegrafista viene adesso in coda, attratto dal desiderio di fare uno spuntino. Gli chiediamo qualcosa, e Chieregato ci racconta che è in aviazione dal ’37, proveniente dalla marina mercantile, prima, e dall’Ala Littoria, poi. Dall’Alitalia è impiegato sulle rotte internazionali del Nord Europa, ove è richiesta una particolare esperienza del volo strumentale; durante la guerra ha prestato servizio nella centrale Radio del Servizio Informazioni Segrete della Marina.
Seguiamo un momento il lavoro di Chieregato. Ci avviciniamo alla costa francese e l’RT chiama con il fono radio la stazione di Galet Bleu, per chiedere QDM; per questo trasmette gli elementi dì navigazione, cioè orario di decollo e la località, la destinazione, la quota s.m., la rotta vera e la velocita a.s. La stazione risponde, scambio di cortesie, fine della trasmissione. Con questi periodici contatti, il Comandante, che ascolta contemporaneamente alla cuffia, si assicura della rotta e fornisce elementi di controllo all’organizzazione di sicurezza.
Ma la Costa Azzurra è ormai sotto di noi. L’argenteo filo si contorce fra terra e mare e forma incantevoli baie; case, paesi e città disseminati sulle degradanti colline, lo serrano e sembra quasi che lo vogliano sommergere: candidi cutter, multicolori barchette, scie argentee sull’acqua ci dicono che laggiù c’è la famosa vita della Costa Azzurra: sono le 11,15, quasi scenderemmo a tuffarci in questo mare stupendo! Sorvoliamo Nizza: stiamo spaccando la rotta,sul Capo Ferrat. Adesso puntiamo su Lione.
Ma sono le Alpi, ora, a magnetizzare i nostri sguardi.
L’imponente catena si erge dalle nubi che, sempre più fitte, si stendono ora sotto di noi; prima le cime più basse, poi, più in là, sono le vette più eccelse che, con la loro coltre nevosa, segnano l’orizzonte in una fantasmagorica sequenza di punte, accavallantesi e distendentesi all’infinito. Non distìnguiamo gli altri, ma il Monte Bianco sì, maestoso e imponente laggiù in fondo all’ammasso.
Ecco invece Bravili che ci stacca dalle montagne presentandoci l’elegantissimo menù dell’Alitalia. Leggiamo: prosciutto e melone, filetti di tacchini, funghi trifolati, patate saltate, strudel, formaggio, frutta: il tutto annaffiato con Chianti Ruffino o acqua minerale e completato dal caffè. Mica male, vero? Bisogna proprio fare uno sforzo per non pensare di essere in un ristorante di via Nazionale.
Abbassiamo il tavolinetto incorporato nella spalliera della poltrona precedente e Bravili apparecchia al completo: indi attacchiamo il lauto pasto.
Sotto di noi, intanto, sfila Lione. A questo punto ci starebbe bene una fumatina ed un pisolino: e noi, ligi ai doveri dell’umano genere, sacrifichiamo al Dio Tabacco e ci abbandoniamo nelle braccia di Morfeo (a proposito: congratulazioni per le le poltrone!).
Ci avviciniamo a Parigi. Tutto va sempre bene, come dicono i bollettini che il Comandante passa ai passeggeri.
Questo volo è veramente sull’olio : non un balzo, una scossa, un’oscillazione, niente; i quattro Bristol «Pegasus» rombano che è un piacere ed il «Cristoforo Colombo» scivola via rapido e sicuro sopra una candida distesa di nubi che solo a tratti lascia intravedere l’ubertosa terra di Francia. Naturalmente per l’equipaggio non c’è molto da fare, in queste fortunate circostanze; l’auto-pilota pensa a tenere il velivolo sulla rotta ed i piloti devono solo controllare; Chieregato ogni tanto si mette in contatto con le stazioni francesi e chiede o trasmette dati: Costantini, il motorista, guarda le innumerevoli lancette del suo quadro e gira qualcuna delle innumerevoli manopole esistenti in cabina.
Abbiamo voglia di conoscere qualcosa di questo despota dei nostri cavalli e lo abbordiamo durante una pausa; il romano Costantini è in aviazione dal 1927 prima con la SANA, poi con la SAIMAN e infine con L’Ala Littoria, mentre durante la guerra era nel S.A.S.; ha 41 anni ed ha, a casa, una nidiata di quattro figli.
Il Comandante Torelli annuncia la vicinanza di Parigi; un fitto strato di nubi, però, ci consente di veder ben poco in basso; riusciamo solo a scorgere l’aeroporto di Le Bourget. sul quale passiamo, ed un vasto agglomeralo di case che ci viene indicato come la capitale francese; osserviamo invece benissimo il nuovo aeroporto di Orly. Adesso chiediamo a Parigi l’autorizzazione a scendere a 1950 metri; autorizzano invitando a richiamare a quota raggiunta.
Ma la nostra curiosità vuol essere appagata fino in fondo, così anche il Comandante «i deve dire qualcosa di sé: ha 39 anni ed è nato a Fiuggi, ha cominciato a volar nel ’26 mentre nel ’46 è entrato nell’Alitalia proveniente dall’Aeronautica Militare dove, come uno del più vecchi istruttori, ha diretto i corsi di addestramento al volo cieco. In guerra, come Maggiore, ha operato con il 41° Gruppo silurante ed ha all’attivo una bella e fortunata avventura: fu il primo a piombare, sotto Creta, sulla fiotta inglese il giorno precedente la battaglia di Punta Stilo, ma fu abbattuto dalla contraerea e solo dopo una lunga permanenza in acqua, i naufraghi furono raccolti da pescatori greci. L’impiego da parte dell’Alitalia sulle rotte del Nord, parla chiaro sulla sua esperienza di pilotaggio che si è avvantaggiata anche dei lunghi voli di scambio-addestrativo effettuati con i tedeschi prima della guerra.
Anche il 2° Pilota, Guido Argenton, di Este, ci stava raccontando la sua storia — e noi pensavamo a quanto era bello trovarsi a 2000 metri fra cielo e terra ma affidati a simile confortante equipaggio — quando alcune faccende richiamano la nostra attenzione.
L’R.T. si mette in contatto ancora con la stazione di Parigi per dare la posizione, poi chiama Northolt in quanto, pur essendo sempre sotto il controllo della prima, può comunicare con ‘aeroporto di arrivo.
Si chiedono a Northolt i dati locali e ci rispondono con buone informazioni: nubi solo a 700 metri, niente nubolosità, visibilità a 20 Km., vento da S W a 32 Km. orari.
La Manica ora è vicina. Sono le 14,35 e passiamo su Abbeville, famosa per gli eventi bellici del ’40. La costa bassa e sabbiosa sembra formare una larga striscia paludosa ai bordi della baia, sulla quale St. Valery si riposa.
Ecco il canale: niente delle famose tempeste, oggi. Lo specchio d’acqua luccica sotto il sole e l’azzurro si fonde con il vivo bagliore che innumerevoli lampadine sembrano lanciare dal pelo dell’acqua.
È semplicemente fantastico: mai vista una cosa simile.
Un guscio di pescatori è immobile: un battello a motore rompe invece con la sua scia l’incanto: sono ambedue appena percettìbili nel giuoco di luci o di colori.
Alle 15 le «bianche scogliere», sono soto» di noi, e non quelle di Dover ma esattamente quelle di Capo Dungeness; il paesetto di Rye porge il primo saluto della terra di Albione. Salve, vecchia Inghilterra, siamo nelle tue braccia!
Questa frase ha un significato esatto perché ormai siamo sotto il controllo di Northolt. Chieste disposizioni di avvicinamento; riceviamo «via libera a vista»: evidentemente a quest’ora c’è scarso traffico, e allora possiamo puntare direttamente sull’aeroporto e atterrare affidandoci ai nostri occhi.
Sono le 15 e 15 e Londra comincia ad allargarsi sotto di noi. Ci passiamo proprio sopra: ecco il Tamigi gremito di battelli; ecco i docks giganteschi e innumerevoli, ecco il «Bridge» con le sue arcate alzate, e poi case, case, case, un vespaio immenso che non finisce mai e solo interrotto qua e là da larghe chiazze sassose, tristi ricordi del ’40-’41.
Londra però vuol dare un’impronta speciale al nostro pacifico viaggio: un po’ di ballo e cielo chiuso, su, sopra di noi; addio, bel sole mediterraneo, non ti vedremo mai più su questa terra dal cielo eternamente livido e corrucciato.
Bravin è affaccendato per mettere tutto a posto; anche i passeggeri si sistemano le proprie cose; si riempiono i modulari per il controllo di confine, poi ci si preparar all’atterraggio.
Ecco Northolt sotto l’ala: è basato su una grande striscia di atterraggio mentre il nuovo grande aeroporto londinese è Heathrow, ora in costruzione.
Cintura di sicurezza chiusa, ipersostentatori fuori, motori al minimo, ore 15,30, tac! Siamo ospiti di Sua Maestà Britannica.
Si rulla fino all’aerostazione, motori fermi, il Comandante saluta e augura buona permanenza, mentre noi cadiamo tra le braccia dei doganieri inglesi.
Volo magnifico, signori miei, sotto ogni punto di vista: sei ore per aria che fanno dimenticare un sacco di brutte cose!
Congratulazioni, Alitalia, e grazie mille!
Giorgio Bonsi
L’Ala, Anno 4 n.23 – 1 dicembre 1948
SIAI Marchetti SM.95C “Cristoforo Colombo”
Consegna: 30 agosto 1947
Dismissione: 31 ottobre 1952
Servizio in Alitalia: 5 anni, 2 mesi, 1 giorno
Seriale costruttore: 8
Immatricolazione RAN: 3079
Certificato di navigabilità: 4209
Motori: 4 x Alfa Romeo 128 RC.18 / Bristol Pegasus 48
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