La capacità di un velivolo di spostarsi ad una velocità superiore a quella del suono ha affascinato le menti di piloti, progettisti ed appassionati sin dalla Seconda guerra mondiale, quando i primi aerei iniziarono a sperimentare gli effetti del volo transonico. Il 14 ottobre 1947 Charles “Chuck” Yeager passò alla storia come il primo uomo capace di superare la cosiddetta barriera del suono, grazie all’aereo-razzo Bell X-1 e da allora ebbe inizio una corsa a perdifiato per realizzare velivoli sempre più potenti e veloci. Naturalmente il mondo dell’aeronautica civile non restò insensibile a questa competizione e le principali industrie e governi del pianeta iniziarono a realizzare piani per un velivolo da trasporto supersonico, che gli anglofoni denominarono SST (SuperSonic Transport).
Protagonisti di questa appassionante sfida per la creazione di un aereo civile capace di volare più velocemente del suono furono i principali blocchi in cui era diviso il mondo nel dopoguerra: Stati Uniti, Unione Sovietica ed Europa. Com’è noto, il consorzio anglo-francese formato da British Aerospace e Aérospatiale era nato con l’intento di creare quello che poi sarebbe divenuto il celeberrimo Concorde, mentre a est l’URSS aveva attivato l’OKB (Opytnoe Konstructorskoe Bjuro, ovvero Ufficio di Progettazione Sperimentale) numero 156 sotto la direzione di Andrej Nikolaevič Tupolev per realizzare il supersonico da trasporto commerciale che avrebbe volato per primo: il Tupolev Tu-144. E gli Stati Uniti? Per motivi tuttora imperscrutabili, la potenza occidentale all’epoca era focalizzata principalmente sulla produzione di aerei militari e quindi si trovò totalmente impreparata quando nel 1962 i concorrenti europei e sovietici annunciarono il lancio dei rispettivi programmi per lo sviluppo di un trasporto supersonico civile.
Colti impreparati, gli statunitensi cercarono di correre ai ripari. Fu quindi lo stesso presidente Kennedy ad annunciare lo sviluppo di un programma per la creazione di un SST made in USA nel corso di uno storico discorso pronunciato il 5 giugno 1963 presso l’accademia USAF di Colorado Springs: «Questo Governo dovrebbe immediatamente dare inizio a un nuovo programma in collaborazione con le industrie private, per sviluppare il prima possibile un prototipo funzionante di trasporto commerciale supersonico più avanzato di quelli attualmente in corso di realizzazione in qualunque altro paese del mondo». La gara era ufficialmente iniziata e gli Stati Uniti, consapevoli di essere partiti per ultimi, intendevano utilizzare al meglio le proprie competenze tecnologiche per realizzare il trasporto supersonico definitivo: più grande, più veloce e più potente di tutti gli altri.
Prima del celebre discorso di Kennedy, Najeeb Halaby, direttore della FAA (Federal Aviation Administration, l’ente statunitense per l’aviazione civile), aveva già spedito al presidente USA una nota nella quale riportava che in caso non fosse stato sviluppato un proprio SST, gli Stati Uniti avrebbero perso 50.000 posti di lavoro e 7 miliardi di dollari tra introiti mancati e capitali che le compagnie aeree nazionali avrebbero dovuto investire all’estero.
Juan Trippe, presidente della Pan Am, aveva già fatto sapere di avere effettuato un’opzione per l’ordinazione di Concorde, causando l’ira di Kennedy. In una telefonata recentemente desecretata, il presidente si lasciò andare ad una serie di furiose imprecazioni con il Ministro del Tesoro, lamentandosi: «Hai visto cos’ha fatto Juan Trippe? Come ha potuto farlo, dato che sapeva che stavamo per procedere [con il programma]? …mi metterò d’impegno per fregare Pan Am!» Gli interessi in gioco erano naturalmente enormi e l’intero sistema politico e industriale americano si lanciò a capofitto nell’impresa.
Gli ingranaggi tecnico-burocratici si misero immediatamente in moto, oliati anche dal proverbiale orgoglio nazionalista statunitense e dal desiderio di primeggiare, in anni in cui la lotta per la supremazia tecnologica aerospaziale era acerrima. Le specifiche richieste per il supersonico USA erano impressionanti: si doveva realizzare un aereo capace di volare a Mach 3 con un’autonomia di almeno 3800 km. Per contro, in ballo c’era un contratto da 750 milioni di dollari: un finanziamento governativo che avrebbe dovuto coprire circa i tre quarti delle spese di ricerca e sviluppo. Partecipanti alla gara furono le industrie tecnologicamente più avanzate del paese: Boeing, Lockheed e North American per la cellula di volo e Curtiss-Wright, General Electric e Pratt & Whitney per lo sviluppo dei motori.
Non appena si diffuse la notizia che la FAA, su indicazione del Governo statunitense, aveva formalmente dato inizio alla gara per la realizzazione di un supersonico civile, tutte le principali compagnie aeree del mondo manifestarono il proprio interesse al progetto con depositi monetari – rimborsabili in caso di insuccesso – di varia entità. Tra le più interessate vi fu anche Alitalia, all’epoca in fortissima espansione e tra le prime 10 linee aeree al mondo. La compagnia aveva già creato un apposito gruppo di studio, diretto da Renato Valant, ma i dirigenti di Alitalia erano piuttosto scettici sulle potenzialità commerciali del Concorde, dato che il supersonico anglo-francese non disponeva di un’autonomia sufficiente a garantire un collegamento diretto tra Roma e il Nordamerica. Per questo, all’annuncio delle specifiche decisamente superiori del supersonico USA, la nostra compagnia di bandiera appoggiò senza riserve questo progetto. Il 2 novembre 1963, l’ingegner Bruno Velani, amministratore delegato di Alitalia, si recò negli USA per consegnare personalmente a Najeeb Halaby della FAA un assegno da 300.000 dollari (corrispondenti oggi a circa 2 milioni di euro) come caparra per lo sviluppo dell’aereo e opzione di acquisto per tre velivoli SST. All’epoca, il costo stimato di ogni supersonico era valutato in almeno 20 milioni di dollari, vale a dire circa 145 milioni di euro di oggi. La mossa di Velani non fu vista di buon occhio né dal mondo politico italiano, i cui esponenti non erano stati minimamente interpellati sulla questione da parte dei dirigenti della compagnia di bandiera, né da alcuni influenti industriali come Gianni Agnelli, che avrebbe preferito una collaborazione con il consorzio anglo-francese. In ogni caso, grazie a questa scelta, Alitalia fu il primo vettore non americano a contribuire al progetto e per questo avrebbe avuto diritto a ricevere due dei primi nove supersonici costruiti.
Il 15 gennaio 1964 le prime proposte di realizzazione arrivarono sul tavolo della FAA. Il progetto NAC-60 della North American era il più convenzionale e ricordava molto da vicino il bombardiere XB-70 Valkyrie, ampliato e modificato, con un’ampia ala a delta e i motori posti in serie sotto la fusoliera. Il Lockheed CL-823 somigliava invece molto al Concorde, anche in questo caso con una configurazione a delta, una fusoliera dotata di alette canard e di dimensioni tali da consentire di ospitare 218 passeggeri e i motori dotati di alloggiamenti singoli posti al di sotto dell’ala. Boeing cercò invece di sbaragliare la concorrenza proponendo una revisione del proprio progetto siglato 733 con ala a geometria variabile, su cui era allo studio fin dal 1958. L’aspetto del supersonico 733 era il più radicale e avveniristico tra quelli proposti e la Boeing prospettò anche l’impiego di fusoliere di diverse lunghezze per il trasporto da 150 a 227 passeggeri. Nel mese di maggio, al termine della prima selezione, le proposte di North American e del motore Curtiss-Wright vennero bocciate, lasciando Boeing e Lockheed da un lato e General Electric e Pratt & Whitney dall’altro a contendersi la vittoria finale.
Dovettero però trascorrere altri 32 mesi di intenso lavoro prima che la FAA potesse ricevere le proposte definitive. Tutto ciò perché nel giugno 1964 la FAA, nell’ambito della fase 2 del progetto, presentò alle ditte in gara una serie di nuove specifiche per il supersonico, che avrebbe dovuto non solo essere di maggiori dimensioni, ma anche con un miglior rapporto passeggeri/km. Lockheed perfezionò il proprio progetto con il modello L-2000-7: un elegante velivolo con muso basculante e fusoliera da 83 metri capace di trasportare 230 passeggeri che sfoggiava un’ala a doppio delta ancora più ampia e dal diverso disegno rispetto all’originale, al di sotto della quale erano posizionati 4 motori turbofan Pratt & Whitney JTF-17A con postbruciatore. Boeing giunse invece a concepire il modello 733-290: un vero gigante in grado di alloggiare 250 passeggeri in una fusoliera lunga 98 metri (i cui posti erano disposti in configurazione 2-3-2 nelle file più ampie), con i motori General Electric GE4/J5 spostati al di sotto della coda dell’aereo e con le caratteristiche ali a geometria variabile che in posizione retratta si trasformavano in una configurazione a delta. Boeing realizzò una terza variante del supersonico, siglata modello 733-390, che prevedeva un totale di 277 passeggeri e l’aggiunta di alette canard alla fusoliera. Entrambe le ditte in gara produssero anche dei modelli in legno in scala 1:1 che rappresentano a tutt’oggi i simulacri di velivoli supersonici di maggiori dimensioni mai realizzati. Nel giugno del 1966 la Boeing organizzò una spettacolare esibizione di ciò che da allora il mondo conobbe come Boeing 2707, presentazione resa ancor più memorabile dall’impiego del grandioso e realistico modello in legno che mostrava il movimento dell’ala a geometria variabile.
Il 31 dicembre 1966, dopo una lunga e per certi aspetti controversa analisi, la FAA emise il proprio verdetto. Sicuramente la proposta della Lockheed era la meno complessa e più economica da realizzare, e poteva contare su una configurazione alare che garantiva più stabilità alle alte e basse velocità. Tuttavia sulla carta le prestazioni del velivolo erano leggermente inferiori rispetto al concorrente e i motori Pratt & Whitney un po’ più rumorosi. Inoltre, essendo stilisticamente molto simile al Concorde, l’aereo Lockheed non disponeva forse dell’aspetto “giusto” per differenziarsi dalla concorrenza, il che almeno psicologicamente poteva rappresentare un grave svantaggio. In base a tutti questi fattori, il progetto Boeing venne giudicato il più idoneo a proseguire e ad essere finanziato. I contratti per la cosiddetta Fase 3 del programma SST vennero stipulati da FAA, Boeing e General Electric il 1 maggio 1967, con l’intento di realizzare due prototipi, il primo dei quali avrebbe dovuto essere completato il 30 settembre 1970 e il secondo il 31 dicembre dello stesso anno, data prevista anche per il primo volo del Boeing 2707. La General Electric avrebbe dovuto completare i primi motori nel settembre 1969 e fornirli alla Boeing entro la fine di quell’anno. Fino ad allora, il Governo statunitense aveva contribuito al progetto con 291 milioni di dollari. Il costo totale stimato della Fase 3 del programma ammontava però a ben 1,14 miliardi di dollari e l’amministrazione USA garantiva un ulteriore finanziamento di 42 milioni di dollari per le sole spese di ricerca e sviluppo, impegnandosi ad una copertura dell’83% dei costi totali della produzione dei prototipi, con il restante 13% a carico dei costruttori e il 4% alle linee aeree che avevano depositato opzioni di acquisto.
Una volta ottenuto il “via libera”, i tecnici Boeing furono impegnati a rifinire ulteriormente il Boeing 2707, rendendosi progressivamente conto che i problemi di ordine tecnico per la realizzazione di un velivolo di grandi dimensioni che doveva spostarsi nell’atmosfera a 3 volte la velocità del suono erano probabilmente i più ardui mai affrontati dalla ditta statunitense, pur forte dell’esperienza raccolta in campo aerospaziale. Le dimensioni fisiche del supersonico erano decisamente imponenti: la fusoliera sarebbe stata 20 metri più lunga del Boeing 747, per non parlare delle enormi semiali che avrebbero dovuto ruotare da 20 a 72 gradi di inclinazione. Le superfici alari divennero progressivamente più complesse e anche il muso dell’aereo fu modificato con un sistema di orientamento verso il basso a due snodi – più complesso del Concorde e reso indispensabile dall’impiego di una struttura di protezione del radar anteriore particolarmente lunga – che permetteva di migliorare la visibilità dal cockpit durante i decolli e gli atterraggi, senza rischiare che il naso dell’aereo urtasse la pista in rullaggio.
Dal punto di vista commerciale, gli studi effettuati da Boeing dimostravano che il supersonico avrebbe potuto garantire la stessa produttività di quattro 707 o addirittura di 500 DC-3, risultando persino più produttivo del 75% rispetto al Boeing 747. Sempre secondo questi studi – poi rivelatisi eccessivamente ottimisti – entro il 1990, delle 800 traversate atlantiche giornaliere previste, 200 sarebbero state compiute da velivoli supersonici, ad altitudini mediamente 10.000 metri superiori a quelle degli aerei subsonici.
Sulla scia dell’entusiasmo generato dall’attribuzione del contratto di sviluppo a Boeing e General Electric, un numero ancora maggiore di compagnie aeree impostò i propri piani di sviluppo futuro delle proprie flotte sul Boeing 2707 e gli ordini cominciarono a fioccare. Tra i più consistenti quelli di Pan AM (15 velivoli), TWA (12) e Air France (8), ma anche Alitalia era in cima alla lista, dato che il 1 dicembre 1965 aveva aumentato l’originale opzione per tre velivoli portandola ad un totale di sei aerei supersonici. Anche i nuovi hangar 4 e 5, in costruzione a Fiumicino, vennero progettati in modo da consentire di ospitare il supersonico: lunghi 90 metri, erano tra i maggiori d’Europa. Il massimo numero di ordinativi venne raggiunto nell’ottobre del 1969: 26 linee aeree avevano ordinato un totale di ben 122 Boeing 2707: un numero decisamente impressionante – quasi il doppio di quelli del Concorde – soprattutto considerando che ancora non era stato realizzato nemmeno il primo prototipo. All’epoca il Governo USA e le ditte costruttrici ipotizzavano la costruzione di un totale di 500 SST, il che avrebbe consentito non solo di rientrare totalmente dagli investimenti, ma di generare anche un utile di circa 1 miliardo di dollari.
Tuttavia il progetto doveva percorrere una strada tutta in salita. Dopo il primo anno dall’incarico ufficiale, i tecnici Boeing si resero drammaticamente conto che l’innovativa struttura dell’ala a geometria variabile era inapplicabile per un velivolo di dimensioni così imponenti: le masse in movimento erano troppo elevate e i meccanismi necessari avrebbero inciso in maniera eccessiva sul peso del supersonico. Per il modello 2707-300 furono così costretti a ripiegare su una configurazione alare a delta tradizionale – ironicamente, non troppo dissimile dal progetto Lockheed che era stato scartato. I motori vennero riportati sotto le semiali, alloggiati in gondole separate, mentre il muso, innalzato a circa 6 metri dal suolo, venne modificato con un sistema di inclinazione verso il basso di 22° a snodo singolo, così come sul Concorde. Grande preoccupazione dava anche la possibilità di flessione della fusoliera, estremamente lunga. Per migliorare la solidità della cellula, i finestrini avrebbero avuto un diametro di soli 6 pollici, cioè poco più di 15 cm. Il consumo di carburante era un altro aspetto critico: a causa del peso immane del supersonico, gli ingegneri Boeing non erano certi che l’aereo riuscisse a compiere una traversata oceanica senza scalo. In più, a causa delle alte temperature e alla relativa espansione del metallo sulla fusoliera ad elevate velocità, la maggior parte della struttura del Boeing 2707-300 avrebbe dovuto essere realizzata in titanio: un materiale che negli anni ’60 era ancora relativamente poco conosciuto e disponibile ad alto prezzo e in quantitativi limitati. Ciò nonostante, Boeing era probabilmente la ditta al mondo con la maggiore esperienza con il titanio, con cui aveva iniziato a sperimentare fin dal 1951 e nel 1968 disponeva già di 44.000 kg di questo metallo per la realizzazione della cellula del supersonico. In ogni caso, Il 2707 di titanio non avrebbe potuto spostarsi a velocità superiori a Mach 2,6.
Nonostante i fondi ricevuti, le competenze tecniche e la voglia di riuscire nell’impresa, il progetto SST USA arrancava soprattutto per la costante necessità di modificare il progetto originale, mano a mano che si manifestavano problemi strutturali e concettuali mai affrontati prima di allora. La produzione dei prototipi iniziò solo nel settembre del 1969, con quasi due anni di ritardo rispetto all’originale tabella di marcia. Ma l’anno successivo esplose la polemica con il mondo degli ambientalisti. La miccia fu la pubblicazione del libro SST and Sonic Boom Handbook, nel quale erano riportate fantasiose teorie che sostenevano come ogni singolo volo supersonico avrebbe creato una “bang zone” larga 80 km e lunga 3200 km all’interno della quale si sarebbe potuta verificare tutta una serie di problemi inclusi danneggiamenti anche permanenti a cose e persone. L’opposizione ai supersonici da parte dell’opinione pubblica crebbe rapidamente, soprattutto negli Stati Uniti, con personaggi influenti ed anche qualche scienziato che affermavano che l’utilizzo di questo tipo di velivoli avrebbe danneggiato la stratosfera, lo strato dell’ozono, innalzato la temperatura, disturbato la fauna e l’uomo nei territori al di sotto del passaggio dei velivoli. In brevissimo tempo l’avversione ai supersonici si diffuse in tutto il mondo, con la creazione di una vera e propria lobby ambientalista che indusse le autorità a bandire il sorvolo a velocità supersoniche da parte di velivoli commerciali, inizialmente sull’intero territorio statunitense e in seguito anche su numerose altre nazioni. Ciò nonostante, il mondo politico sosteneva ancora con convinzione il progetto: il 23 settembre 1969 il presidente Nixon proclamò: «L’SST verrà costruito» e si disse favorevole a richiedere al Congresso un finanziamento di 762 milioni di dollari per i successivi 5 anni.
Ma nel 1971 iniziò nel mondo un periodo di grave recessione economica; negli Stati Uniti la guerra in Vietnam stava volgendo al peggio, i prezzi del carburante erano in forte e rapida ascesa e persino lo sviluppo del programma spaziale Apollo era stato interrotto l’anno precedente, mentre Nixon voleva la cancellazione anche delle missioni 16 e 17, già programmate. Non fu quindi una sorpresa quando il 24 marzo 1971 il Senato USA affossò definitivamente il supersonico americano rifiutando di elargire ulteriori finanziamenti, con una votazione che si concluse con 51 voti contro 46. Ron Ziegler, all’epoca capo ufficio stampa della Casa Bianca, sostenne che la decisione fu presa a causa dell’indisponibilità della Boeing di rinegoziare il finanziamento, che avrebbe dovuto ammontare tra i 500 milioni e il miliardo di dollari. Si trattava del più grande programma mai cancellato dal Governo USA. Come risultato immediato vi fu la perdita di circa 13.000 posti di lavoro, non solo presso Boeing e General Electric, ma anche nei principali fornitori: North American Rockwell, Fairchild e Northrop. 58 milioni di dollari vennero restituiti alle compagnie aeree che avevano versato somme come opzione di acquisto, inclusa Alitalia che alla fine del ’71 recuperò i 300.000 dollari – più gli interessi – che aveva consegnato alla FAA 8 anni prima.
Il sogno di un trasporto commerciale supersonico statunitense si era infranto senza possibilità di replica. Anni di lavoro e centinaia di milioni di dollari erano stati gettati al vento, ma le mutate condizioni economiche e la diffusa avversità al volo supersonico avevano modificato radicalmente lo scenario in cui si era venuto a trovare il Boeing 2707. Il progetto era sicuramente avveniristico, ma senza dubbio troppo ambizioso. Le pressioni politiche – a partire dall’annuncio di Kennedy del 1963 – erano state tanti e tali che la tendenza al gigantismo e alle prestazioni esasperate avevano di fatto reso il progetto irrealizzabile. Tuttavia, va tenuto conto che il periodo tra il 1960 e il 1970 era quello in cui tutto sembrava possibile: in pochi decenni si era passati dagli aerei a elica al primo uomo sulla Luna, perciò un supersonico capace di trasportare 234 passeggeri in circa tre ore da Roma a New York all’epoca non sembrava una fantasia, ma un progetto concretamente fattibile. Kit Mitchell, ingegnere del Royal Aircraft Establishment che ha lavorato anche al progetto Concorde, ha così riassunto la questione: «Quando stavamo costruendo il Concorde, cercavamo di spingere il livello tecnologico il più lontano possibile per l’epoca. Loro [la Boeing] stavano invece cercando di fare qualcosa che era semplicemente troppo difficile».
Quale eredità ha lasciato il Boeing 2707? Tutto ciò che resta oggi del lavoro di migliaia di persone è la porzione anteriore e la cabina del secondo simulacro realizzato, quello in metallo relativo al modello 2707-300, che dopo essere rimasto per molti anni in stato di abbandono, nel 2013 è stato trasferito al Museo del Volo di Seattle (Washington, USA) per essere restaurato, anche se purtroppo non è ancora visibile da parte del pubblico. Va però fatto notare che alcuni concetti originali del progetto Boeing non sono rimasti solo sulla carta. L’ala a geometria variabile ha avuto infatti illustri esponenti, sebbene realizzati da altre ditte: il bombardiere Rockwell B-1 Lancer è molto simile all’originale modello 733 della Boeing (sebbene in scala fortemente ridotta) e anche Il cacciabombardiere General Dynamics F-111 ricorda da vicino il disegno del modello 733-290. La Boeing si risollevò dal fallimento dell’SST con due assi nella manica: il 747 e il 737, entrambi sviluppati quasi in parallelo al supersonico, ma questa volta riscuotendo un enorme successo commerciale. Com’è noto, né il Concorde né il Tupolev Tu-144 hanno avuto grande diffusione, con un totale di soli 28 velivoli entrati effettivamente in linea, ma il Boeing 2707 rimarrà nella storia come il più audace tentativo mai fatto per realizzare un trasporto commerciale supersonico: uno splendido insuccesso.
Diego Meozzi
JP4 – Febbraio 2017
Ordini di Boeing 2707 e Concorde a confronto
Prima che la Storia – con la crisi petrolifera e le proteste degli ambientalisti in primo piano – cambiasse per sempre il destino del trasporto commerciale supersonico, 16 furono le compagnie aeree che si impegnarono con ordinazioni per il Concorde e ben 26 si erano dette disposte ad acquistare il Boeing 2707, tra le quali l’Alitalia. Qui di seguito la lista completa, ricordando che in realtà in tutto vennero realizzati solo 14 Concorde utilizzati da linee aeree, divisi equamente tra Air France e British Airways (in origine BOAC).
Linea aerea | Ordini Boeing 2707 | Ordini Concorde |
Aer Lingus | 2 | – |
Air Canada | 6 | 4 |
Air France | 8 | 6 (7 in uso) |
Air India | 2 | 2 |
Airlift International | 1 | – |
Alitalia | 6 | – |
American Airlines | 6 | 6 |
BOAC (British Airways) | 6 | 8 (7 in uso) |
Braniff | 2 | 3 |
Canadian Pacific | 3 | – |
Continental | 3 | 3 |
Delta | 3 | – |
Eastern | 6 | 6 |
El Al | 2 | – |
Iberia | 3 | – |
JAL | 5 | 3 |
KLM | 6 | – |
Lufthansa | 3 | 3 |
MEA | – | 2 |
Northwest | 6 | – |
PIA | 2 | – |
Pan American | 15 | 8 |
Qantas | 6 | 4 |
Sabena | – | 2 |
Transamerica | 1 | – |
TWA | 12 | 6 |
United | 6 | 3 |
World Airways | 3 | – |
TOTALI | 122 | 74 |
Evoluzione del Boeing 2707
Modello 733 | Primo progetto elaborato nel 1960 dal comitato permanente di ricerca Boeing SST |
Modello 733-197 | Primo modello presentato da Boeing alla FAA con ala a geometria variabile e quattro motori in gondole separate; due possibili versioni con fusoliere di lunghezze diverse per 150 o 227 passeggeri |
Modello 733-290 (2707-100) | Secondo progetto per la FAA, con cellula ampliata a 250 passeggeri |
Modello 733-390 (2707-200) | Terzo progetto per 247 passeggeri in turistica + 30 in prima classe; aggiunta di alette canard |
2707-300 | Riduzione della cellula a 234 passeggeri con abbandono dell’ala a geometria variabile per passaggio ad ala a delta; motori spostati sotto il timone di coda |
Cronologia del Boeing 2707
1952 | Inizio studi da parte della Boeing sulla realizzazione di un SST |
Gennaio 1958 | Istituzione di un comitato permanente di ricerca Boeing SST |
5 giugno 1963 | Il presidente Kennedy annuncia il programma per lo sviluppo di un SST realizzato negli USA con il sostegno finanziario del Governo |
Agosto 1963 | Prima richiesta della FAA alle industrie USA per la realizzazione di un SST |
2 novembre 1963 | Bruno Velani di Alitalia consegna 300.000 dollari alla FAA per la prenotazione di 3 SST. È la prima linea aerea non USA a farlo. |
15 gennaio 1964 | Primo progetto presentato da Boeing alla FAA, assieme ad altre ditte partecipanti |
Maggio 1964 | Conclusione della prima fase di valutazione, con esclusione di North American e Curtiss-Wright |
Giugno 1964 | Inizio seconda fase diretta allo sviluppo di versioni più grandi del velivolo e con un costo inferiore miglia/posto passeggeri |
Novembre 1964 | Secondo progetto presentato da Boeing alla FAA |
1 dicembre 1965 | Alitalia raddoppia le prenotazioni per l’SST, portandole a 6 velivoli |
Giugno 1966 | Annuncio ufficiale della Boeing dello sviluppo di un SST da 300 passeggeri con ali a geometria variabile |
Settembre 1966 | Boeing invia alla FAA la proposta per la fase 3 del progetto |
31 dicembre 1966 | Boeing e General Electric vengono dichiarati vincitori della gara per lo sviluppo dell’SST USA |
1 maggio 1967 | La FAA stipula con Boeing e GE il contratto della fase 3 del programma per la costruzione di 2 prototipi |
Febbraio 1968 | Boeing richiede l’estensione della fase di progettazione del prototipo |
Ottobre 1968 | Per la continuazione del programma si opta per l’impiego di un’ala a delta convenzionale |
Gennaio 1969 | Boeing invia alla FAA e alle compagnie che hanno opzioni sull’SST la lista delle raccomandazioni di progettazione e annuncia di essere pronta alla costruzione del prototipo al ricevimento dell’autorizzazione governativa |
Settembre 1969 | Il presidente Nixon annuncia il proseguimento del progetto previa autorizzazione del Congresso, che verrà approvata con una riduzione dei finanziamenti |
Marzo 1970 | Profonde modifiche progettuali rendono gli SST definitivi differenti dai prototipi in lavorazione; abbandono da parte di diverse ditte subappaltatrici |
Aprile 1970 | Il Dipartimento dei Trasporti subentra alla FAA nella responsabilità di controllo del programma; secondo modello in scala 1:1 |
Agosto 1970 | Il primo volo dei prototipi viene rimandato al novembre 1972, mentre l’inizio della produzione slitta al 1977. |
Dicembre 1970 | Il Senato USA blocca il finanziamento ma consente il proseguimento del progetto fino alla sua discussione da parte del Congresso in marzo |
24 marzo 1971 | Il Senato chiude il progetto SST rifiutandosi di sovvenzionarlo con altri 134 milioni di dollari |
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